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Palinsesto – week #103

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Chi segue le diatribe sui social network a proposito del mondo fantascientifico italiano spesso ha la sensazione di nuotare in uno stagno molto piccolo, dove più o meno tutti si conoscono e dove più o meno tutti polemizzano con gli altri su basi regolari. Non proprio una situazione in cui far maturare progetti innovativi o più semplicemente dove darsi da fare in maniera costruttiva. Per essere chiari, è davvero un ambito ristretto. Siamo in un paese dove si legge pochissimo, dove la piaga dell’analfabetismo non è stato sconfitta, dove l’abbandono scolastico e il peso dei media gravano sull’intera società.

A cosa ci si riferisce quando si parla di mercato editoriale in Italia? E all’interno di questo mercato qual’è il posto della narrativa di genere? E nell’ambito della narrativa medesima, qual’è lo spazio riservato alla fantascienza? Non sono questioni da poco e le ottime indagini annuali dell’ISTAT non sono pensate per focalizzars su un settore specifico. Nelle ultime settimane ci siamo permessi di far circolare un piccolo questionario tra gli operatori di piccolo e medio calibro per avere delle indicazioni sull’anno 2013. Le risposte ricevute finora sono decisamente interessanti e meritano un ulteriore approfondimento. Da qui la decisione di aprire la consultazione al pubblico, nel senso di uscire dal circuito dei nostri contatti diretti per allargare il più possibile la raccolta dati. Di seguito le domande.

1) Nel 2013, quanti libri di fantascienza avete pubblicato?
2) Riferendosi alla domanda 1, quanti di questi sono ristampe?
3) Riferendosi alla domanda 1, quanti di questi sono antologie?

4) Nel 2013, quanti ebook di fantascienza avete pubblicato?
5) Riferendosi alla domanda 4, quanti di questi sono ristampe?
6) Riferendosi alla domanda 4, quanti di questi sono antologie?

7) Nel 2013, avete pubblicato altri generi di narrativa oltre alla fantascienza?
8) Riferendosi alla domanda 7, quali?
9) Riferendosi alla domanda 7, quanti titoli complessivamente come cartacei?
10) Riferendosi alla domanda 7, quanti titoli complessivamente come ebook?
11) Riferendosi alla domanda 7, quanti di questi sono ristampe cartacee?
12) Riferendosi alla domanda 7, quanti di questi sono antologie cartacee?
13) Riferendosi alla domanda 7, quanti di questi sono ristampe ebook?
14) Riferendosi alla domanda 7, quanti di questi sono antologie ebook?

15) Nel 2013, limitandosi al settore fantascienza, quanti libri avete venduto?
16) Nel 2013, limitandosi al settore fantascienza, quanti ebook avete venduto?
17) Nel 2013, per tutti gli altri settori, quanti libri avete venduto?
18) Nel 2013, per tutti gli altri settori, quanti ebook avete venduto?

19) Nel 2013, per il cartaceo, a chi vi siete appoggiati per la distribuzione?
20) Nel 2013, per gli ebook, a che piattaforme vi siete affidati?

Come si può notare chiediamo dati in forma aggregata, non ci interessa nè valutare il fatturato nè tantomeno sapere i dati relativi al singolo autore e/o alla singola iniziativa. L’idea di fondo è rendere i risultati del tutto anonimi e di ripetere periodicamente la consultazione, in modo si possa far capire agli appassionati come vanno le cose. Le risposte vanno inviate via email alla nostra casella: futurotornato@gmail.com

Vi invitiamo a contattarci per informazioni allo stesso indirizzo, il sondaggio verrà chiuso il 31 Marzo 2014.

E ora il nostro palinsesto di questa settimana, guarda caso in gran parte dedicato all’editoria.

Martedì 04 Marzo / Mercoledì 05 Marzo.

The Lab – Luce e colore, di Marco Lazzara

Giovedì 06 Marzo / Venerdì 07 Marzo.

Come si fa un press kit, di Angelo Benuzzi

Sabato 08 Marzo / Domenica 09 Marzo.

I Sognatori – factory editoriale, di Angelo Benuzzi

Il video di questa settimana è una breve dichiarazione di Harlan Ellison a proposito del rapporto tra scrittori e fan, vale la pena ascoltarla.

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The Lab – Luce e colore

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A voi la puntata di questo mese della nostra rubrica scientifica, sempre a firma di Marco Lazzara.

Son luce e ombra; angelica farfalla o verme immondo” (Arrigo Boito)
Quello legato al colore è un argomento che mette spesso confusione: oggi cercheremo di fare un po’ di chiarezza. Per prima cosa, è necessario tenere presente che l’occhio umano è in grado di percepire unicamente luce di frequenza tra i 380 e i 780 nm. Secondo, per capire il colore dobbiamo distinguere se parliamo di emissione oppure di assorbimento della luce.
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Emissione
Una luce emessa a una certa frequenza viene percepita dal nostro occhio di un certo colore. Per cui una luce intorno ai 760 nm sarà rossa. Se non c’è emissione di luce tra i 380 e i 780 nm, il nostro occhio non è in grado di percepire nulla (buio). Invece l’emissione di un fascio di luce che comprende tutte le frequenze viene da noi percepito di colore bianco. Certi tipi di strutture, una volta attraversate dalla luce, sono in grado di separarne le varie componenti (effetto prisma).

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Assorbimento
Fin qui abbiamo parlato solo di luce. E gli oggetti? Spesso si sente dire che se un oggetto è rosso è perché assorbe nella zona del rosso. Questo è errato, e il meccanismo è molto più complesso: una molecola è in grado di assorbire certe frequenze della luce per mezzo dei suoi legami molecolari; alla fine quest’energia luminosa viene riemessa, ed è questa che viene percepita dal nostro occhio. Difficilmente però sarà la stessa di partenza: una parte di quest’energia viene infatti dissipata come calore, quindi la luce riemessa avrà una frequenza minore. Prendiamo per esempio il rubino: assorbe nella zona del blu e del verde e riemette nel rosso; infatti il rubino è di colore rosso.

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Se un oggetto non è in grado di riemettere luce tra i 380 e i 760 nm, allora ci apparirà trasparente.
E se un oggetto è in grado di assorbire e riemettere tutte le frequenze? Allora noi lo vedremo di colore nero, ovvero la mescolanza di tutti i colori.
E il bianco allora? Il bianco è un caso più particolare, dovuto a un fenomeno che si chiama diffusione della luce. Riflettete su questo: perché il ghiaccio è trasparente, mentre la neve è bianca? Oppure perché il sale grosso è trasparente mentre quello fino è bianco? Nel ghiaccio e nel sale grosso la luce attraversa la struttura cristallina senza venire in alcun modo deviata. Neve e sale fino sono le stesse sostanze, ma ridotte in polvere: in questa forma la luce “si perde” tra gli infiniti piani cristallini disordinati che si vengono a creare, e si scompone nelle sue varie componenti (una sorta di effetto prisma). Il risultato è che il nostro occhio percepisce l’insieme come colore bianco.

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Casi Particolari
Quando si prova a mescolare due sostanze che sono dissimili dal punto di vista chimico, queste non formano una soluzione, ma una miscela eterogenea (colloide). Alcuni esempi sono il latte, la nebbia, gli opali. Se le molecole sono della giusta grandezza possono dare l’effetto Tyndall, ovvero la diffusione della luce; la miscela assume allora un aspetto peculiare: lattiginoso se allo stato liquido, nebuloso se allo stato gas, opalescente se allo stato solido.
Una delle caratteristiche legate invece ai materiali metallici è la lucentezza: i metalli possono essere lucidati a specchio (anticamente gli specchi erano fatti d’oro o d’argento). Il fenomeno è legato al legame metallico, che porta ad avere tutti gli elettroni di valenza di ogni atomo della struttura metallica a sciamare attorno a essa, formando il cosiddetto “mare di Fermi”. I fotoni (le particelle di cui è composta la luce) impattano su questi elettroni e rimbalzano all’indietro.

Come sempre resto a vostra disposizione per chiarire vostri eventuali dubbi o curiosità al riguardo.
Anche immerso nelle tenebre e nel silenzio io posso, se voglio, estrarre nella mia memoria i colori, distinguere il bianco dal nero e da qualsiasi altro colore voglio.” (Sant’Agostino)

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Palinsesto – week #107

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La fine del programma Shuttle ai più è parsa la fine di un’epoca, simbolica sia dell’avvento dei programmi di iniziativa privata sia dell’affermazione dei modelli di collaborazione internazionale. Ma il concetto della navetta riutilizzabile sta cambiando e una delle direzioni prese negli ultimi anni è ancora in gran parte misteriosa. La nostra copertina è dedicata al Boeing X-37B, drone in grado di operare a livello orbitale di cui si conoscono tre missioni ad oggi, tutte coperte da segreto militare per quanto riguarda attività e scopi.

Guardando questo veicolo potrebbe fin sembrare buffo, ha lo spazio di carico di un pick-up e non è in grado di ospitare al suo interno un satellite o un dispositivo di dimensioni significative. Vanno comunque presi in esame anche altri fattori. Le tre missioni conosciute sono durate rispettivamente 225 giorni, 469 giorni e l’ultima è ancora in corso (avrà passato i 473 per quando leggerete questo articolo). Infine, l’intero processo di atterraggio pare sia del tutto automatizzato. Va fatto anche notare come il mezzo di decollo sia un vettore collaudatissimo come l’Atlas V e che l’intero progetto è stabilmente sotto l’egida dell’USAF.

Dato quanto sopra è facile concludere che l’X-37B sia un dimostratore tecnologico, un mezzo utilizzato per fare esperienza in vista di sviluppi di altra natura. Non è neppure azzardato supporre che lo sviluppo di una nuova generazione di vettori, più volte annunciata dalla NASA e finanziata in parte anche dalla DARPA, possa aprire le porte a un successore di dimensioni maggiori – si teorizza una scala 1:1 con il vecchio Shuttle. Non manca chi ritira fuori dal cassetto lo spettro della militarizzazione dello spazio e indica che di fronte agli investimenti cinesi e indiani degli ultimi anni la risposta americana possa essere quella di garantirsi la superiorità strategica a suon di armamenti orbitali.

Scenari oscuri, peraltro più volte esplorati nel campo della fantascienza. Speriamo rimangano solo storie da raccontare.

Il nostro palinsesto:

Martedì 01 Aprile / Mercoledì 02 Aprile.

The Lab – clonaggio e clonazione, di Marco Lazzara

Giovedì 03 Aprile / Venerdì 04 Aprile.

“Se è quello che vogliono…” – John W. Campbell e il fantasy, di Davide Mana

Sabato 05 Aprile / Domenica 06 Aprile.

Cartoomics 2014 -dal nostro inviato, di Marco Stabile

Per il video di questa settimana vogliamo proporvi il trailer di un film molto particolare che verrà proposto il 15 aprile sul sito Space.com; si tratta di un documentario che prende le mosse da uno strumento importantissimo: il LIGO. L’acronimo sta per Laser Interferometer Gravitational-Wave Observator, e il film si intitola “LIGO, A Passion for Understanding“. A nostro parere è da non perdere.

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Archiviato in:Editoriale Tagged: A Passion for Understanding, Boeing, Cartoomics 2014, DARPA, John W. Campbell, LIGO, NASA, The Lab, X-37B

Palinsesto – week #112

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Space-Based-Solar-Power-Plant

Sui media italiani è rimbalzata nelle scorse settimane la notizia di un progetto grandioso da parte della JAXA, l’agenzia spaziale giapponese, per costruire impianti in orbita per veicolare energia a terra via trasmissione a microonde. Tralasciamo per carità di patria i toni e gli strafalcioni contenuti in molti articoli e concentriamoci sul fatto reale. Che sia possibile con la tecnologia attualmente disponibile collocare in orbita geostazionaria un numero adeguato di installazioni e che sia possibile da queste ultime trasmettere energia verso terra è stato ampiamente dimostrato. Che tutto questo richieda fondi e risorse ampiamente superiori alle capacità giapponesi attuali (e presumibilmente future) è altrettanto scontato. La scala di un progetto del genere, già a livello di dimostratore tecnologico o impianto pilota, è tale da richiedere la cooperazione internazionale vista all’opera per la creazione della stazione ISS. Passare poi al livello operativo, alla cosidetta solar farm, porterebbe al più grande progetto internazionale mai visto nel settore aerospaziale.

Quello che si può trovare fastidioso è considerare un’idea come questa nuova. I giapponesi ci stanno lavorando dal 2003 e lo fanno basandosi su un’idea derivata da degli studi americani del 1968, a firma di Peter Glaser. L’obiettivo finale è una centrale da un Gigawatt di potenza, in pratica in grado di sostituire un reattore nucleare civile di medie dimensioni. La trasmissione via microonde riprende una delle intuizioni di Nikola Tesla, applicata nei suoi famosi esperimenti del 1901. Volendo infierire sui teorici del nuovo si potrebbe anche ricordare come nella Germania nazista si fosse teorizzata una piattaforma orbitale in grado di usare il potere del Sole ai danni dei nemici (1929, studi di Hermann Oberth) ma in quel caso si parlava di effetti di tipo ottico, di concentrare la luce del nostro astro tramite un super-specchio.

Lasciando da parte le polemiche, la parte positiva di questa storia è riportare il focus degli investimenti in tema energetico nella direzione del solare, in una forbice ideale che comprende il progetto Desertec tedesco e queste iniziative nipponiche. Per realizzare questo i tecnici giapponesi hanno fissato una serie di milestone nei prossimi anni per dimostrare e consolidare vari aspetti della trasmissione di segnale, della stabilità del medesimo in tutte le fasi di lavorazione, per i materiali da destinare alla costruzione dei satelliti e per i sistemi di controllo di tutto il dispositivo. Come detto prima servono soldi. Investimenti massicci sia in termini di capitali che di mezzi industriali. Lassù c’è una sfida da titani da vincere.

Il nostro palinsesto:

Martedì 06 Maggio / Mercoledì 07 Maggio.

The Lab – Nascita, Vita e Morte di una Stella, di Marco Lazzara

Giovedì 08 Maggio / Venerdì 09 Maggio.

Thor – The Dark World, di Nick il Nocturniano

Sabato 10 Maggio / Domenica 11 Maggio.

Annarita Petrino – You God, di Angelo Benuzzi

Il video di oggi è della JAXA, di quattro anni (sempre alla faccia del nuovo, vero?).

 

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Palinsesto – week #116

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space workerQuesta settimana abbiamo deciso di dedicarci a un tema specifico, come già fatto più volte in passato per vari argomenti. E’ il turno dei viaggi spaziali, dell’andare “là fuori” a cercare la più grande frontiera da esplorare per la razza umana. Non che si abbia la pretesa di esaurire l’argomento o di poter cogliere tutte le implicazioni che comporta. L’idea, come sempre, è quella di coniugare divulgazione e stimoli, di poter mettere i nostri lettori nella condizione di poter guardare in alto ancora una volta per pensare a un futuro vicino, a qualcosa che abbiamo davvero alla nostra portata.

Lo spazio come frontiera, l’umanità che abbandona la propria meravigliosa culla per poter realizzare finalmente uno dei propri impulsi più profondi – la curiosità – con l’infinito a disposizione in cui avventurarsi. Sappiamo che là fuori c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno, che ogni passo ci riempirà di meraviglia e che saremo messi di fronte a sfide sempre nuove. Cosa può esserci di meglio? Non è solo retorica, è qualcosa di molto più concreto. Una specie come la nostra non può rimanere confinata a un pianeta abbondantemente compromesso come la Terra.

Abbiamo bisogno di espanderci, di trovare il nostro posto in un contesto più grande. Sperando, un giorno non troppo lontano, di trovare altri come noi là fuori.

Il palinsesto di questa settimana:

Martedì 03 Giugno / Mercoledì 04 Giugno.

The Lab – Viaggi Spaziali: Le Inside, di Marco Lazzara

Giovedì 05 Giugno / Venerdì 06 Giugno.

Questione di spinta – una panoramica sulla propulsione interstellare, di Davide Mana

Sabato 07 Giugno / Domenica 08 Giugno.

Ne vale la pena? di Angelo Benuzzi

Il video di questa settimana è affidata al professor Stephen Hawking, non crediamo servano commenti alle sue parole.


Archiviato in:Editoriale Tagged: motivazioni per i viaggi spaziali, panoramica sui sistemi di propulsione, pericoli del viaggio spaziale, Stephen Hawking, The Lab

The Lab – Viaggi Spaziali: Le Insidie

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Andare nello spazio? Certo, ma tenendo gli occhi bene aperti, così come ci ricorda il nostro Marco Lazzara con questa puntata della sua rubrica.

“Controllo da terra a Maggiore Tom / prendi le tue pillole di proteine e indossa il casco
Controllo da terra a Maggiore Tom / via al conto alla rovescia, accendere i motori
Controllare l’accensione e che l’amore di Dio sia con te
(David Bowie, Space Oddity)

Musical performance at space station

Sono molte le difficoltà che gli astronauti devono affrontare nel corso dei viaggi spaziali. Queste possono generare problematiche di carattere medico o rendere complessa la loro missione o addirittura rappresentare dei seri pericoli per la loro incolumità. Oggi, per questa settimana a tema, esamineremo alcune di esse.

Accelerazione
Ogni volta che usiamo un mezzo di locomozione, alla partenza siamo soggetti a un’improvvisa accelerazione; nel caso di un’astronave questa è decisamente più elevata, per cui può causare dei disturbi quali alterazioni del ritmo cardiaco, oscuramento della vista e breve perdita di conoscenza. Le forti decelerazioni, causando la fuoriuscita del bulbo oculare, possono invece generare momentanee cecità. E ancora, improvvise accelerazioni e decelerazioni possono provocare piccole emorragie cutanee, lievi commozioni cerebrali, rallentamento del ritmo respiratorio.
Per proteggere l’astronauta, il sedile è perciò un particolare tipo di materasso incavato, modellato come una sorta di calco del suo corpo, in modo che durante l’accelerazione venga distribuita su tutta la sua superficie un’ampia parte del corpo del passeggero. I vettori odierni inoltre, grazie anche all’uso di propellenti migliorati, hanno accelerazioni più graduali; gli Shuttle permettono addirittura il volo a chiunque (purché in buona salute).
Ma nemmeno durante il volo le cose diventano più facili. Il rollio (movimento attorno all’asse longitudinale) e il beccheggio (movimento attorno all’asse trasversale) possono causare depressioni psichiche, nausea, abbassamento della pressione arteriosa, mal di testa. Tutti questi disturbi possono essere ridotti grazie a lunghi e scrupolosi allenamenti prima della partenza. Regolazioni più morbide dell’assetto delle navicelle alleviano ulteriormente i disturbi causati da questi movimenti.

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Microgravità
Una volta lasciata la Terra, la gravità diminuisce sensibilmente, fino a essere del tutto trascurabile. In queste condizioni si possono verificare abbassamenti della pressione arteriosa e rallentamenti del ritmo cardiaco, a cui seguono disorientamento, vertigini e nausea.
Oltre all’immobilità forzata dovuta al poco spazio disponibile (le astronavi permettono però agli astronauti di potersi spostare al loro interno e compiere esercizi in modo da tenere i muscoli in continuo allenamento), l’assenza di peso rappresenta un problema: ogni movimento richiede poco sforzo, per cui se da un lato questo evita eccessiva dissipazione di energia, dall’altro impedisce un corretto esercizio fisico, motivo per cui le astronavi hanno al loro interno una palestra con diversi attrezzi.
Prima della partenza è quindi necessario un lungo allenamento per abituare gli astronauti alla microgravità. Tute dotate di cinghie e sacchi, che impongono forzatamente l’attività di alcuni muscoli possono inoltre aiutare a compensare l’assenza di peso.
Altra problematica è la decalcificazione delle ossa, il che le rende più fragili e quindi maggiormente soggette a rotture: questo può essere evitato attraverso una dieta ricca di calcio.

simulazione gravità zero
Radiazioni
Per proteggere gli astronauti dai raggi ultravioletti provenienti dal sole (che nello spazio sono molto più intensi, dato che non è presente la parziale schermatura data dalla fascia di ozono attorno al nostro pianeta) gli oblò dell’astronave sono realizzati in un materiale completamente opaco.
Ma sono le radiazioni ionizzanti il maggior pericolo legato ai voli spaziali. Il loro effetto sulla materia è quello di produrre ionizzazioni, cioè di provocare l’espulsione di elettroni dagli atomi. Questo causa una riorganizzazione delle molecole che hanno subito questo processo, le quali possono quindi subire delle alterazioni. Questo, soprattutto se l’assorbimento di radiazioni è stato piuttosto intenso, non sempre è privo di danno. Gli effetti sistemici possono andare dalla semplice nausea fino a gravi emorragie interne. Non solo: è possibile l’insorgenza di leucemie, tumori o alterazioni della struttura genetica (mutazioni), trasmissibili anche per via ereditaria.
Il pericolo delle radiazioni ionizzanti può venire ridotto e anche annullato grazie a opportune precauzioni, come pareti protettive realizzate con apppositi materiali: per esempio, schermi al piombo sono in grado di proteggere anche dalle radiazioni più intense. Ma questo su un veicolo spaziale non è possibile, per l’elevato peso che comporterebbe; basta allora che le zone pericolose attraversate (per esempio le fasce di Van Allen che circondano il nostro pianeta, che sono causate dalla collisione del vento solare col campo magnetico terrestre) vengano superate rapidamente.
penetrazione raggi

Meteoriti
Altro grosso pericolo per le astronavi, soprattutto perché assolutamente imprevedibile, è l’impatto con oggetti orbitanti o meteoriti, cosa che può danneggiare in maniera seria il mezzo spaziale e pregiudicarne quindi la funzionalità. È questa la causa più probabile del problema occorso durante la missione Apollo 13 del 1970.

Bibliografia
Galeotti P., Gallino R., Scienza dell’Universo – Esplorazioni Spaziali (Edizioni  Paoline)
Oltre la Terra (Fabbri Editori)

Qui è il Maggiore Tom al controllo da terra
Sto passando attraverso la porta e galleggio in una maniera davvero particolare
E le stelle sembrano molto differenti quest’oggi, da qui
(David Bowie, Space Oddity)

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Palinsesto – week #120

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locusawards2014

Questa settimana dedichiamo l’editoriale alla lista, fantastica, dei premi Locus di quest’anno. Tanti nomi di rilievo, molte sorprese e “prime volte” per uno dei premi più ambiti a livello mondiale. Complimenti a tutti i vincitori e ai finalisti.

SCIENCE FICTION NOVEL (romanzo di fantascienza)

Vincitore: Abaddon’s Gate, James S.A. Corey (Daniel Abraham e Ty Franck)
Finalisti:
MaddAddam, Margaret Atwood
The Best of All Possible Worlds, Karen Lord
Shaman, Kim Stanley Robinson
Neptune’s Brood, Charles Stross

FANTASY NOVEL (romanzo fantasy)

Vincitore: The Ocean at the End of the Lane, Neil Gaiman
Finalisti:
NOS4A2, Joe Hill
River of Stars, Guy Gavriel Kay
Doctor Sleep, Stephen King
The Republic of Thieves, Scott Lynch

YOUNG ADULT BOOK (libri per ragazzi)

Vincitore:  The Girl Who Soared Over Fairyland and Cut the Moon in Two, Catherynne M. Valente
Finalisti:
Zombie Baseball Beatdown, Paolo Bacigalupi
The Coldest Girl in Coldtown, Holly Black
Homeland, Cory Doctorow
The Summer Prince, Alaya Dawn Johnson

FIRST NOVEL (primo romanzo)

Vincitore:  Ancillary Justice, Ann Leckie
Finalisti:
The Thinking Woman’s Guide to Real Magic, Emily Croy Barker
The Golden City, J. Kathleen Cheney
A Stranger in Olondria, Sofia Samatar
The Golem and the Jinni, Helene Wecker

NOVELLA (romanzo breve)

Vincitore:  Six-Gun Snow White, Catherynne M. Valente
Finalisti:
Wakulla Springs, Andy Duncan & Ellen Klages
Black Helicopters, Caitlín R. Kiernan
The Princess and the Queen, George R.R. Martin
Precious Mental, Robert Reed

NOVELETTE (racconto lungo)

Vincitore: The Sleeper and the Spindle, Neil Gaiman
Finalisti:
The Truth of Fact, the Truth of Feeling, Ted Chiang
The Waiting Stars, Aliette de Bodard
A Terror, Jeffrey Ford
The Prayer of Ninety Cats, Caitlín R. Kiernan

SHORT STORY (racconto breve)

Vincitore: The Road of Needles, Caitlín R. Kiernan
Finalisti:
Some Desperado, Joe Abercrombie
The Science of Herself, Karen Joy Fowler
A Brief History of the Trans-Pacific Tunnel, Ken Liu
The Dead Sea-Bottom Scrolls, Howard Waldrop

ANTHOLOGY (antologia)

Vincitore: Old Mars, George R.R. Martin & Gardner Dozois
Finalisti:
Queen Victoria’s Book of Spells, Ellen Datlow & Terri Windling
The Year’s Best Science Fiction: Thirtieth Annual Collection, Gardner Dozois
Unnatural Creatures, Neil Gaiman & Maria Dahvana Headley
The Best Science Fiction and Fantasy of the Year Volume Seven, Jonathan Strahan

COLLECTION (antologie personali)

Vincitore:  The Best of Connie Willis, Connie Willis
Finalisti:
The Best of Joe Haldeman, Joe Haldeman
The Ape’s Wife and Other Stories, Caitlín R. Kiernan
Kabu Kabu, Nnedi Okorafor
The Bread We Eat in Dreams, Catherynne M. Valente

MAGAZINE (riviste)

Vincitore:  Asimov’s
Finalisti:
Clarkesworld
F&SF
Subterranean
Tor.com

PUBLISHER (editore)

Vincitore:  Tor
Finalisti:
Angry Robot
Orbit
Small Beer
Subterranean

EDITOR (id.)

Vincitore:  Ellen Datlow
Finalisti:
John Joseph Adams
Gardner Dozois
Jonathan Strahan
Ann & Jeff VanderMeer

ARTIST (illustratori)

Vincitore:  Michael Whelan
Finalisti:
Bob Eggleton
John Picacio
Shaun Tan
Charles Vess

NON-FICTION (saggistica)

Vincitore:  Wonderbook: The Illustrated Guide to Creating Imaginative Fiction, Jeff VanderMeer
Finalisti:
Here Be Dragons: Exploring Fantasy Maps and Settings, Stefan Ekman
Strange Matings: Science Fiction, Feminism, African American Voices, and Octavia E. Butler, Rebecca J. Holden & Nisi Shawl
The Man From Mars: Ray Palmer’s Amazing Pulp Journey, Fred Nadis
Afrofuturism: The World of Black Sci-Fi and Fantasy Culture, Ytasha L. Womack

ART BOOK (id.)

Vincitore:  Spectrum 20: The Best in Contemporary Fantastic Art, Cathy Fenner & Arnie Fenner
Finalisti:
Hannes Bok, Hannes Bok: A Life in Illustration, Joseph Wrzos
Margaret Brundage, The Alluring Art of Margaret Brundage, Stephen D. Korshak & J. David Spurlock
Maurice Sendak, Maurice Sendak: A Celebration of the Artist and His Work, Justin G. Schiller, Dennis M.V. David & Leonard S. Marcus
Shaun Tan, Rules of Summer

Dopo tanta grazie, sperando di leggere presto in italiano molti di questi titoli, il nostro palinsesto:

Martedì 01 Luglio / Mercoledì 02 Luglio.

The Lab -Nucleosintesi, di Marco Lazzara

Giovedì 03 Luglio / Venerdì 04 Luglio.

Captain Video (telefilm), di Nick il Nocturniano

Sabato 05 Luglio / Domenica 06 Luglio.

Armageddon – Giudizio finale (film), di Gianluca Santini

Il video di questa settimana è un’intervista di Fast Forward a Connie Willis, una delle premiate di quest’anno e una grandissima autrice.


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The Lab – Nucleosintesi

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In questa puntata della nostra rubrica di divulgazione scientifica Marco Lazzara prende in esame uno dei meccanismi fondamentali della chimica.

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Sollevai con cura il barattolo del catodo, e tenendolo con la bocca in giù accesi un fiammifero e lo avvicinai. Ci fu una esplosione, piccola ma secca e rabbiosa, il barattolo andò in schegge e mi rimase in mano, come un simbolo sarcastico, l’anello di vetro del fondo. Era proprio idrogeno, dunque: lo stesso che brucia nel sole e nelle stelle e dalla cui condensazione si formano in eterno silenzio gli universi.

(Primo Levi, Il Sistema Periodico)

La nucleosintesi è il processo con cui si formano i diversi elementi chimici. I meccanismi con cui ciò avviene, e che ora esamineremo, sono molti e diversi tra loro. Prima di iniziare, però, è necessario tenere a mente alcuni concetti già trattati in precedenza. Per la struttura atomica, gli isotopi e le reazioni nucleari vedere il post The Lab – Paté de Foie Gras, mentre per le nozioni astronomiche il post The Lab – Nascita, Vita e Morte di una Stella.

tavola periodica

1: il progenitore
Subito dopo il Big Bang, l’universo era sostanzialmente composto da particelle subatomiche, protoni, neutroni ed elettroni. Un protone è in effetti un nucleo di idrogeno, e alla temperatura degli inizi (10 miliardi di gradi) la materia è sostanzialmente sotto forma di plasma: si tratta di una stato in cui gli elementi sono sotto forma di gas ionizzati, cioè privi degli elettroni. L’idrogeno è il progenitore di tutti gli elementi chimici.

2: la prima fusione
In questa prima fase, l’universo è una sorta di reattore a fusione nucleare. Dall’idrogeno, oltre alla formazione del deuterio (idrogeno-2) per cattura di un neutrone, avviene un processo fondamentale, ovvero la prima fusione nucleare: si tratta di un processo in cui nuclei di idrogeno si uniscono a formare un nucleo di elio.

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3-5: gli elementi sfortunati
La formazione di litio, berillio e boro rappresenta un mistero, dato che è al di fuori di tutti i cammini di reazione che vedremo. La loro formazione è infatti solo temporanea perché si convertono velocemente in altri elementi (possiamo considerarli alla stregua di intermedi di reazione). Ci si chiede allora come facciano a esistere. L’ipotesi che viene avanzata è che la loro formazione sia dovuta a spallazione, cioè una frammentazione di nuclei più pesanti dovuta al bombardamento da parte dei raggi cosmici (le radiazioni elettromagnetiche a più alta energia che si conosca).

6-12: “combustione” di elio, carbonio e ossigeno
Questo è un altro passaggio chiave, che avviene in tutte le stelle. Dalla fusione dell’elio viene prodotto il carbonio e da esso l’ossigeno. Reazioni successive di fusione nucleare di questi due elementi portano alla formazione degli elementi fino al magnesio.

13-22: processo a
I processi che seguono ora avvengono solo in stelle a massa più elevata rispetto a quella del sole. Durante l’evoluzione stellare, nel passaggio da gigante rossa a nana bianca, si raggiungono temperature dell’ordine di un miliardo di gradi. I raggi gamma che vengono prodotti fanno decadere per fissione il neon-20, producendo particelle alfa (nuclei di elio), le quali innescano nuove reazioni di fusione nucleare. Con questo processo si arriva fino al titanio.

23-29: processo e
In stelle a massa più elevata avviene un ulteriore processo chiamato e (equilibrio). Durante l’esplosione stellare nota come supernova, viene liberata un’immensa quantità di energia che permette di far avvenire reazioni nucleari di diverso tipo, che sono sostanzialmente delle interconversioni. Con questi processi si arriva fino al rame.

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21-80: processo p
Il processo p (cattura di protoni) è un processo collaterale che porta alla formazione di molti isotopi a numero di massa pari, a partire dallo scandio-74 fino al mercurio-196. Anche questo processo avviene nelle supernove.

29-83: processi s ed r
Questo meccanismo avviene durante la fase di gigante rossa della stella. Il processo si basa sulla cattura da parte dei nuclei di neutroni lenti (processo s) e veloci (processo r) a cui seguono decadimenti di tipo beta- (emissione di elettroni). Con questo processo si formano gli isotopi con numero atomico tra 23 e 46 che non si sono formati col processo alfa, e quelli con numero di massa tra 63 e 209, quindi gli elementi fino al bismuto.

43 e 61: gli elementi mancanti
Tecnezio e promezio sono privi di isotopi stabili, infatti sulla Terra non sono presenti. La loro produzione è possibile non solo per via artificiale, ma anche in natura attraverso decadimenti spontanei (ovvero attraverso reazioni di fissione) di elementi più pesanti. Anche altri isotopi possono sfruttare questa ulteriore via.

84-92: gli elementi primordiali
Ci si interroga su come sia possibile la presenza degli elementi più pesanti, data l’instabilità di tutti i loro isotopi. La spiegazione che viene proposta è che la loro formazione avvenga secondo processi s ed r, che hanno comunque tempi minori del loro tempo di decadimento. Questi elementi hanno sostanzialmente l’età dell’universo. Il tempo di dimezzamento dell’uranio fa per esempio ipotizzare che la nostra galassia abbia tra i 12 e i 20 miliardi di anni.

93-…: i transuranici
Gli elementi dopo l’uranio vengono di norma prodotti artificialmente, bombardando elementi pesanti o con neutroni o con raggi alfa, ma alcuni di essi si trovano anche in natura: nettunio e plutonio si formano nei minerali di uranio per decadimento beta- di quest’ultimo, il californio attraverso processi di cattura neutronica. Gli altri sono ottenuti solo artificialmente.

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Come sempre, se avete dubbi/domande/curiosità, sono a vostra disposizione.
La nobiltà dell’uomo, acquisita in cento secoli di prove e di errori, era consistita nel farsi signore della materia, e io mi ero iscritto a Chimica perché a questa nobiltà mi volevo mantenere fedele. Vincere la materia è comprenderla, e comprendere la materia è necessario per comprendere l’universo e noi stessi: e quindi il Sistema Periodico di Mendeleev [...] era una poesia.

(Primo Levi, Il Sistema Periodico)


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Palinsesto – week #125

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Questa è la settimana di Rosetta. Per il sei agosto, questo mercoledì, è previsto che la missione dell’ESA raggiunga la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko per iniziare la seconda fase di un’esperimento a dir poco complesso. L’idea è quella di mettere la sonda in orbita sincrona alla cometa (mai fatto prima), sganciare sulla sua superficie un lander (in novembre) e acquisire più dati possibile dagli strumenti di bordo di entrambi sulla composizione e la struttura di questa cometa. Se tutto segue i programmi previsti dovremmo imparare molto da questa missione.

Sono dieci anni che aspettiamo questo momento. La sonda è stata lanciata nel 2004 e la sua rotta di avvicinamento alla cometa 67P ha richiesto un lunghissimo percorso nel nostro sistema solare (cinque orbite solari), il che ha anche consentito di stabilire un recordo per il maggior numero di giorni passati in “ibernazione” (ovvero con tutti i sistemi off, a parte alcune parti minori) pari a 957 giorni. L’inedito trio sonda-cometa-lander proseguirà il viaggio completando anche il transito solare, cosa che darà modo di scoprire cosa accade alle comete quando “cambiano” e passano ad emettere la caratteristica coda. La missione dovrebbe aver fine nel dicembre dell’anno prossimo.

Il nostro palinsesto di questa settimana:

Martedì 05 Agosto / Mercoledì 06 Agosto.

The Lab – Corrosione, di Marco Lazzara

Giovedì 07 Agosto / Venerdì 08 Agosto.

EmDrive – ai limiti della scienza, di Angelo Benuzzi

Sabato 09 Agosto / Domenica 10 Agosto.

La NASA e il Cannae Drive, di Angelo Benuzzi

Il video di questa settimana, a cura di The Cosmos News, illustra le fasi di missione di Rosetta.

 


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The Lab – Corrosione

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Il nostro amico Marco Lazzara ritorna con un’altra puntata della sua rubrica scientifica. Ne approfittiamo per ricordarvi che se avete curiosità riguardo specifici argomenti tutto quello che dovete fare è scriverlo nei commenti. Faremo del nostro meglio per rispondervi.

Oro era il mio amore per te e ho avuto l’illusione che tu vedessi tanti diamanti dentro la mia corona. Poi, consumata dal gelo, nella tua indifferenza sono diventata un ferro corroso dalla pietra.” (Alda Merini, Oro e Ferro Corroso)

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I materiali a contatto con ambienti aggressivi subiscono un degrado chimico e fisico, che per i metalli è denominato corrosione. È un fenomeno elettrochimico che causa l’ossidazione del metallo da parte dell’ossigeno disciolto in soluzione acquosa, e ne provoca il distacco di porzioni dalla superficie. Sostanzialmente si forma una cella galvanica, una reazione spontanea che induce uno scambio di elettroni (l’uso invece di corrente per produrre una reazione non-spontanea è una cella elettrolitica). La formazione di strati di ossido sulla superficie del metallo (spesso protettivi verso la corrosione) si chiama invece passivazione. Esistono diversi tipi di corrosione, esaminiamoli.

corrosione

Corrosione generalizzata
È caratterizzata da una reazione elettrochimica che procede uniforme sulla superficie metallica. È la principale causa di corrosione dei metalli e degli acciai, ma è facilmente controllabile mediante per esempio rivestimenti protettivi.

Corrosione per contatto galvanico
Avviene quando due metalli diversi vengono messi a contatto: uno dei due è meno elettronegativo (la capacità di attirare elettroni di legame) dell’altro e si corrode più facilmente. Un esempio è l’acciaio zincato: lo zinco si ossida più facilmente dell’acciaio e funge da protezione elettrochimica.

Corrosione erosione
È dovuta a gradienti (differenze di concentrazione) di ossigeno in soluzioni stagnanti. La soluzione corrosiva si muove sul metallo o è il metallo che si muove nella soluzione, per cui il loro moto relativo aumenta la velocità di reazione. È caratterizzata dalla comparsa sulla superficie di solchi, avvallamenti, vaiolature, buchi circolari e altre forme di danneggiamento.
Corrosione per vaiolatura
È un attacco corrosivo localizzato, dovuto soprattutto all’azione di cloruri e in particolare all’acqua di mare, che porta alla formazione di buchi o vaiolature. Si ha la formazione di pozzi in cui può entrare la soluzione corrosiva, che pertanto procede al suo interno catalizzata da gradienti di ossigeno. E’ particolarmente insidiosa quando provoca la perforazione del componente metallico.

Corrosione in fessura
Si tratta di un attacco localizzato in fessure o al di sotto di superfici schermate dove si raccolgono soluzioni stagnanti. Perché avvenga, la fessura deve essere abbastanza ampia da lasciar entrare il liquido, ma stretta abbastanza da farlo ristagnare. Si verifica spesso sotto guarnizioni, chiodi, bulloni. Si può prevenire usando per esempio guarnizioni di teflon, che è idrorepellente.

Corrosione intragranulare
I metalli sono solidi policristallini, ovvero costituiti dall’aggregazione di tanti cristalli di piccole dimensioni (grani), separati da confini chiamati bordi di grano, che sono un difetto delle strutture cristalline (i grani hanno stessa composizione ma differente orientazione cristallografica). Talvolta i bordi di grano contengono materiale di differente composizione rispetto a quello nei grani: si genera una cella galvanica, e la corrosione interessa le superfici dei grani stessi. Nonostante il loro volume sia trascurabile rispetto al volume totale, i bordi di grano hanno una superficie molto estesa, il che produce una corrosione piuttosto rapida (le superfici sono in genere zone molto più reattive). Il processo può anche innescare corrosione in fessura: l’effetto finale può essere la rottura improvvisa del componente.

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Corrosione intergranulare
L’attacco in questo caso è localizzato in corrispondenza dei bordi di grano, mentre il grano rimane praticamente inalterato.

Corrosione per sfregamento
È dovuta allo sfregamento della superficie (affine all’usura) all’interfaccia di materiali sottoposti a vibrazioni e scorrimenti sotto carico, determinando la formazione di solchi e vaiolature circondati da prodotti di corrosione. I frammenti ossidati vengono asportati dall’abrasione, che espone la superficie “fresca” sottostante. Si ha un accumulo di particelle di ossido che fungono da abrasivo tra le superfici in contatto. Avviene tra superfici accoppiate come quelle tra alberi e cuscinetti.

Corrosione sotto sforzo
È dovuta alla formazione di cricche (fessure meccaniche) per l’effetto combinato di corrosione e sollecitazione meccanica che causa nel materiale una deformazione che porta a dislocazione difetto delle strutture cristalline, una distorsione causata dallo spostamento di una parte del reticolo).
Corrosione per cavitazione
È causata dalla formazione e dal collasso, in un liquido a contatto con la superficie metallica, di bolle di gas o cavità riempite di vapore. È stato calcolato che il rapido collasso di bolle di vapore può produrre pressioni localizzate pari a oltre 4000 atmosfere. Avviene sulla superficie di metalli in presenza di un’alta velocità di flusso del liquido e di variazioni di pressione, come nel caso delle pompe centrifughe e delle eliche delle navi. Il ripetuto collasso di bolle di vapore può arrecare un considerevole danneggiamento alla superficie del metallo.

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Corrosione per turbolenza
L’attacco si innesca in prossimità di difetti superficiali e si intensifica per incremento successivo della turbolenza stessa. È dovuta all’effetto abrasivo da parte di particelle solide o bolle di gas trascinate. Avviene in componenti meccaniche quali giranti di pompe, palette turbine, agitatori.

Corrosione selettiva
È la rimozione preferenziale di un elemento di una lega a seguito di processi corrosivi, cosa che pregiudica le caratteristiche del materiale. Un esempio è la dezincificazione degli ottoni.
Corrosione elettrolitica
È responsabile di notevoli danni a carico di strutture metalliche interrate, in quanto nel terreno, a causa della sua umidità permanente e dei sali in esso disciolti, si costituisce una vera e propria cella elettrolitica quando la struttura interrata viene percorsa da una corrente elettrica vagante nel terreno.

Biocorrosione
È dovuta all’azione di microorganismi capaci di trarre energia per il loro metabolismo dall’ossidazione di elementi quali ferro, manganese e zolfo. Il fenomeno può essere accentuato anche dall’azione diretta sul metallo di sottoprodotti del loro metabolismo quali acido solforico e anidride solforosa. Si tratta in genere batteri, ma anche di funghi, alghe o diatomee.
Come sempre, se avete domande/dubbi/curiosità, sarò lieto di rispondere.

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Lo spirito e la bizzarria vanno adoperati con cautela, come tutte le sostanze corrosive.” (Georg Christoph Lichtenberg)


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Palinsesto – week #129

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gianfranco viviani

Volevamo parlarvi dei programmi ESA, in alternativa di una serie di cose legate a progetti di esplorazione dei prossimi anni ma dobbiamo, veramente dobbiamo, cambiare programma. Il signore che vedete nell’immagine di copertina si chiamava Gianfranco Viviani. Forse lo conoscevate, almeno per sentito dire. Per chi non lo avesse mai sentito nominare possiamo ricordare il suo lavoro nel campo editoriale, a lui si deve l’editrice Nord che tanto bene fece con le sue collane negli anni passati.

Faceva parte di quella generazione che ha aiutato a costruire una scena italiana del nostro genere di riferimento, uno dei pionieri di un periodo in cui spesso ci si sentiva chiedere “ma cosa sarebbe, questa fantascienza?” Alla sua attività, svolta in gran parte insieme a giganti come Riccardo Valla, si deve l’introduzione sul nostro mercato di tantissimi autori di rilievo e l’intuizione di un mercato che si andasse ad inserire tra i formati da edicola e gli hardcover da editoria. Pensiamo che praticamente qualsiasi appassionato italiano abbia in casa qualche volume delle collane Cosmo Oro o Argento, quando vi capiterà di rileggerli o anche solo di spolverarli pensate che quei volumi non sarebbero esistiti senza questo signore.

Buon viaggio, signor Viviani. Grazie di tutto.

(a seguire, il nostro palinsesto)

Martedì 02 Settembre / Mercoledì 03 Settembre.

The Lab – Oceani in Tempesta, di Marco Lazzara

Giovedì 04 Settembre / Venerdì 05 Settembre.

L’avvento del Dodicesimo , di Domenico Attianese

Sabato 06 Settembre / Domenica 07 Settembre.

Extant – in arrivo questo mese! di Angelo Benuzzi

Questa settimana non posteremo video nell’editoriale, in segno di rispetto per la memoria di Gianfranco Viviani.


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The Lab – Oceani in Tempesta

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Questo mese l’attenzione del nostro Marco Lazzara si rivolge agli oceani, siete pronti per la tempesta?

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“Poseidone divenne il signore dei terremoti e dei mari, padrone degli oceani e di tutte le loro ricchezze” (Eloy, Poseidon’s Creation)

Le onde
Le onde vengono generate dal vento che soffia sulla superficie del mare. Non si tratta di una massa di acqua che viaggia sulla sua superficie, bensì del trasferimento di energia dal vento all’acqua, il che dà luogo a movimenti circolari delle molecole d’acqua. Un po’ come la ola: sembra muoversi lateralmente, ma in realtà è data dal movimento di persone che si alzano e si siedono.
La distanza tra creste d’onda adiacenti è la lunghezza d’onda, mentre la distanza tra l’apice e la base è la sua altezza. Quando il vento soffia dolcemente le onde sono piccole e arrotondate, mentre quando è forte le creste formano dei picchi e la base dell’onda si allunga. Quando l’onda si muove in acque poco profonde i movimenti circolari dell’acqua cominciano a toccare il fondo rallentandola, e man mano che si avvicina alla costa la sua lunghezza si accorcia mentre aumenta invece l’altezza, con le creste che ricadono su se stesse frangendosi e creando schiuma.
I venti non soffiano però in maniera uniforme e possono formarsi onde anomale. Un tempo si riteneva che l’altezza massima fosse di 18 metri e che racconti di onde maggiori fossero esagerati, ma nel 1938 venne segnalata un’onda di 34 metri dalla nave Ramapo e nel 1996 la Queen Elizabeth II venne colpita da un’onda di 29 metri. Un’onda tempestosa che colpisce una costa rocciosa o una scogliera non può che riversarsi in alto e raggiunge perciò un livello parecchie volte superiore alla sua altezza originale, spesso trasportando con sé frammenti di rocce. Una roccia di 60 chili, trascinata da un’onda dell’altezza di oltre 30 metri, fracassò il tetto dell’abitazione del custode del faro di Tillamook, Oregon.

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Tsunami
Lo tsunami (termine giapponese che vuol dire “onda di porto”, perché è solo quando giunge alla costa che provoca devastazione) è generato da terremoti, frane sottomarine, eruzioni vulcaniche o iceberg che si staccano dai ghiacci polari, cosa che provoca un improvviso spostamento di un grande volume d’acqua, causando onde anomale altamente distruttive, le quali viaggiano per migliaia di chilometri a velocità di 500-900 km/h.
Nelle acque profonde dell’oceano aperto non sono pericolose, in quanto normalmente sono alte meno di 1 metro, ma una volta che raggiungono acque poco profonde, si alzano producendo il classico andamento dello tsunami: un insolito ammontare di acqua viene richiamato all’indietro per congiungersi con lo tsunami che si sta sviluppando, quindi una o più pareti d’acqua alte fino a 30 metri travolgono la costa e si spingono nell’interno con forza inarrestabile.
Le onde raggiungono una notevole lunghezza da cresta a cresta, passando per lo più inosservate alle navi. Nello tsunami che colpì nel 1896 Honshu, Giappone, e che fece 27000 vittime, i pescatori che erano in mare non si accorsero di nulla fino a quando, tornati a terra, non trovarono la costa devastata.
Il tempo di arrivo di uno tsunami su di una cosa lontana può essere calcolato con notevole precisione, ma non si può prevedere se l’onda sarà grande o piccola, perciò spesso la minaccia non viene presa con la dovuta serietà.

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La forza di Coriolis
L’aria e l’acqua calda sono meno dense di quelle fredde, quindi galleggiano sopra di esse: i fronti di aria o di acqua si muovono per semplice convezione a seconda della temperatura. Spostamenti di fronti di aria a diversa temperatura danno origine ai venti, mentre quelli delle acque alle correnti.
Consideriamo ora il fatto che il nostro pianeta ruota su se stesso. Ciò provoca l’effetto di deviare tutti i corpi che si muovono liberamente sulla superficie da una traiettoria rettilinea a una curva (verso destra nell’emisfero settentrionale, verso sinistra in quello meridionale, in base al verso di rotazione della Terra). Questo effetto si chiama forza di Coriolis. Aria e acqua in movimento hanno perciò la tendenza a muoversi in circolo, nel nostro caso le correnti oceaniche si muovano in senso orario nell’emisfero settentrionale, in senso antiorario in quello meridionale.
Pensate ora alle ruote dentate di un ingranaggio: una si muove in un senso e quella accoppiata nel senso contrario; per ogni corrente si genera anche una controcorrente che si muove in senso opposto.

Uragani
In mare vortici di vento producono di frequente trombe marine: una colonna d’acqua viene sollevata fino a incontrare una nuvola a forma di imbuto trascinata dall’alto in basso, e assieme assumono una forma a clessidra alta una trentina di metri.
Gli uragani, noti come cicloni nella regione indo-pacifica e tifoni in Giappone, sono un fenomeno meteorologico causato dall’interazione tra gli oceani e l’atmosfera; sostanzialmente sono trombe marine su grande scala. Si formano nelle zone tropicali, dato che il diametro della Terra è più grande all’equatore e l’effetto della forza di Coriolis è quindi maggiore. L’acqua calda scalda l’aria sovrastante creando nuvole che diventano ammassi di temporali e questi ruotano a una velocità progressivamente crescente man mano che si allontanano dall’equatore.
La zona chiamata “occhio” dell’uragano è un’area calma di bassa pressione che si trova al suo centro, circondata da un parete di tempeste che ruotano a spirale. Nell’occhio c’è persino bel tempo, per un periodo che va da qualche minuto fino a circa un’ora, fino a quando non giunge nell’area la tempesta e i venti riprendono a soffiare violenti.
La bassa pressione solleva montagne di acqua che causano un anomalo innalzamento del livello del mare dove l’uragano tocca terra. I venti più forti ruotano a spirale verso l’esterno, in senso antiorario nell’emisfero settentrionale e orario in quello meridionale. Quando il vento supera i 117 km/h la tempesta viene classificata uragano (livello 12 della scala Beaufort).

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Anticiclone
Gli anticicloni sono zone di alta pressione a forma circolare o ellittica, che causano variazioni dei parametri meteorologici. Al loro interno i venti sono deboli, spesso a regime di brezza, e soffiano al contrario rispetto all’uragano. L’aria, essendo pesante, si comprime, si riscalda e diventa più secca, dissolvendo le nubi. In presenza di un anticiclone, durante l’inverno possono formarsi nebbie o foschie a causa di inversioni termiche nei pressi del suolo, mentre durante l’estate il forte riscaldamento del suolo può causare la formazione improvvisa di cumulonembi (nubi a sviluppo verticale che si formano in condizioni di instabilità atmosferica) con conseguenti temporali di calore.
La Grande Macchia Rossa (l’Occhio di Giove) è una vasta tempesta anticiclonica, che da oltre 300 anni devasta Giove. È sufficientemente grande da essere visibile dalla Terra per mezzo di telescopi ed è la più grande tempesta del Sistema Solare, grande almeno due volte la Terra.

Bibliografia
Hutchinson S., Hawkins L.E., Oceani (Touring Club Italiano)
Miller R.C., Il Mare (Garzanti)

Rifrangiti, scuro e profondo oceano blu, rifrangiti. Diecimila flotte spaziano invano su di te. L’uomo segna la terra con le sue rovine, ma il suo controllo si ferma sulla riva.” (George Byron)


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The Lab – L’Etimologia degli Elementi (parte I)

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Per la nostra rubrica mensile dedicata ad argomenti scientifici, questa volta Marco Lazzara ci fa iniziare un viaggio alle base di tutto: gli elementi fondamentali

TavolaPrincipale

La Chimica è la scienza che si occupa dello studio della materia. Struttura, composizione, proprietà, trasformazioni, processi energetici della materia. E che cos’è la materia? Tutto quello che ci circonda.” (Marco Lazzara)

Una delle cose che ha sempre incuriosito i miei studenti sono i nomi degli elementi chimici. La loro origine etimologica è molto variegata e in questo articolo (oggi la prima parte) la vedremo per ognuno di essi. In parentesi, a sinistra è riportato il numero atomico, a destra il simbolo chimico. Inoltre ne approfitto per raccontare alcune curiosità.

Dal greco. Il nome di molti elementi è di origine greca; alcuni erano già conosciuti nell’antichità, altri sono stati scoperti in epoca moderna e gli si è dato un nome “classico”:
(1) Idrogeno (H), da hydor+ghen, “colui che genera acqua”; è un non-metallo, ma nei giganti gassosi (Giove, Saturno…) per l’elevatissima pressione a cui è sottoposto si converte in metallo;
(3) Litio (Li), da lithos, “pietra”; sali di litio sono usati nel trattamento della depressione maniacale della schizofrenia bipolare;
(4) Berillio (Be), da beryllos, il minerale berillo; fino al XIX secolo era chiamato glucinio perché di sapore dolce;
(8) Ossigeno (O), da oxys+ghen, letteralmente “colui che genera cose appuntite”; l’ozono, costituito da tre atomi di ossigeno, che ci protegge dai raggi UVb, è tossico a livello polmonare;
(10) Neon (Ne), da neon, “nuovo”; è il più usato dei gas nobili nelle lampade a scarica elettrica;
(15) Fosforo (P), da phos+phoros, “il portatore di luce”, in quanto reagendo con l’ossigeno emette una tenue luminescenza (da cui è derivato il termine fosforescenza);
(17)  Cloro (Cl), da chloros, “verde pallido”, in quanto è un gas velenoso di colore verde;
(18) Argon (Ar), da argon, “pigro”, in quanto come tutti i gas nobili tendenzialmente è inerte;
(24) Cromo (Cr), da chroma, “colore”, dato che molti composti del cromo sono colorati, violetti o verdi quelli del cromo(III), arancioni quelli del cromo(VI);
(26) Cobalto (Co), da kobalos, “folletto”; il fisico Szilard ha teorizzato una bomba al cobalto-60 che ha un fall-out di tale durata da cancellare la vita sulla Terra;
(35) Bromo (Br), da bromos, “fetore”; nel XIX secolo i bromuri erano usati come sedativi;
(36) Kripton (Kr), da kripton, “nascosto”; la stessa origine del pianeta natale di Superman;
(42) Molibdeno (Mo), da molybdos, “simile al piombo”; viene usato per rendere più duri e resistenti gli acciai;
(43) Tecnezio (Tc), da technetos, “artificiale”; viene sfruttato in diagnostica per le scintigrafie;
(45) Rodio (Rh), da rhodon, “rosa”; nel 2008 ha raggiunto il prezzo di 350 dollari al grammo;

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(47) Argento (Ag), da arguros, “grigio splendente”; un tempo venivano usati sali d’argento per le emulsioni fotografiche;
(48) Cadmio (Cd), da kadmeia, “scaglia di laminazione”; è terribilmente tossico a livello renale;
(53) Iodio (I), da ioeides, “violetto”; gli ormoni tiroidei sono composti di iodio organico, un caso del tutto unico in biochimica;
(54) Xenon (Xe), da xenon, “straniero”; un tempo si riteneva impossibile ottenere composti dai gas nobili, finché nel 1962 Hoppe non sintetizzò il difluoruro di xenon;
(56) Bario (Ba), da barys, “pesante”; il solfato di bario è un sale del tutto insolubile in acqua;
(57) Lantanio (La), da lanthanein, “nascondere”; uno dei suoi principali utilizzi è in elettrodi iono-selettivi per l’analisi di fluoruri;
(59) Praseodimio (Pr), da prasios+didymos,”gemello verde”; Mosander, il suo scopritore, si accorse che quello che chiamava didimio era in realtà una miscela di praseodimio e neodimio;
(60) Neodimio (Nd), da neos+didymos, “nuovo gemello”; è usato per produrre potenti laser IR;
(66) Disprosio (Dy), da dysprositos, “difficile arrivarci”; nonostante sia un metallo, è talmente tenero che può essere tagliato con un coltello;
(76) Osmio (Os), da osmé, “odore”; è l’elemento più denso della Tavola Periodica;
(81) Tallio (Tl), da thallos, “germoglio verde”; è uno degli elementi più tossici che si conosca;
(85) Astato (At), da astatos, “instabile”, in quanto radioattivo; si stima che l’intera crosta terrestre ne contenga in tutto meno di 28 grammi;
(89) Attinio (Ac), da aktis, “raggio di luce”; radioattivo, al buio emette una spettrale luce azzurra;
(91) Protoattinio (Pa), da protos+aktis, “progenitore di attinio”, dato che dal suo decadimento si genera l’attinio.

Da luoghi. Molto spesso il nome di un elemento deriva da dove è stato scoperto o è stato dato in onore di una città o un paese:
(12) Magnesio (Mg), da Magnesia (Grecia); è il fulcro della fotosintesi clorofilliana;
(21) Scandio (Sc), dal latino Scandia, la Scandinavia; è più presente nelle stelle che sulla Terra;
(31) Gallio (Ga), dalla Gallia, l’antica Francia; è uno dei pochissimi elementi in grado di catturare neutrini;
(32) Germanio (Ge), dalla Germania; è usato principalmente nei semiconduttori;
(38) Stronzio (Sr), dalla città di Strontian (Scozia); il nitrato di stronzio viene usato per dare un colore rosso ai fuochi d’artificio;
(39) Yttrio (Y), (65) Terbio (Tb), (68) Erbio (Er), (70) Itterbio (Yb), per tutti e quattro il nome viene dalla città di Ytterby (Svezia);

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(44) Rutenio (Ru), dal latino Ruthenia, Russia; molti dei suoi composti sono usati come catalizzatori in sintesi organica;
(63) Europio (Eu), dall’Europa; in combinazione con altri elementi viene impiegato negli inchiostri anticontraffazione usati nelle banconote dell’euro;
(67) Olmio (Ho), dal latino Holmia, l’antico nome di Stoccolma; è l’elemento più fortemente ferromagnetico;
(69) Tulio (Tm), da Thule, nome latino di una leggendaria terra dell’estremo nord (forse la Scandinavia); viene utilizzato come sorgente di radiazione X in dispositivi portatili;
(71) Lutezio (Lu), dal latino Lutetia, l’antico nome di Parigi; in Germania è conosciuto anche come Cassiopio;
(72) Afnio (Hf), dal latino Hafnia, l’antico nome di Copenaghen; nel sigillo della Facoltà di Scienze dell’Università di Copenaghen compare una sua immagine stilizzata;
(75) Renio (Re), dal fiume Reno; è di importanza strategica per il suo utilizzo nei motori a reazione e razzi militari ad alte prestazioni;
(84) Polonio (Po), dalla Polonia; il primo elemento naturale ad avere tutti gli isotopi radioattivi;
(87) Francio (Fr), dalla Francia; è l’elemento naturale più raro della Tavola Periodica;
stesso discorso per molti elementi transuranici ottenuti artificialmente, quali americio, berkelio, californio, dubnio, assio, darmstadtio e livermorio.

Dall’astronomia. Anche l’astronomia ha ispirato il nome di alcuni elementi:
(2) Elio (He), dal greco helios, il sole; è il prodotto della prima fusione nucleare;
(34) Selenio (Se), dal greco selene, la luna; i seleniuri odorano di uova marce come i solfuri;
(46) Palladio (Pd) e (58) Cerio (Ce), rispettivamente dagli asteroidi Pallade e Cerere;
(92) Uranio (U), (93) Nettunio (Np) e (94) Plutonio (Pt) rispettivamente dai pianeti Urano, Nettuno e Plutone.

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Da persone. A volte è stato il nome di una persona a ispirare quello per un elemento:
(62) Samario (Sm), dal colonnello russo Vasili Samarsky-Bykhovets;
(64) Gadolinio (Gd), dal chimico e geologo finlandese Johan Gadolin;
a molti degli elementi artificiali è stato assegnato in onore di scienziati; è il caso di curio, einstenio, fermio, mendelevio, nobelio, laurenzio, rutherfordio, seaborgio, bohrio, meitnerio, roentgenio, copernicio e flerovio.

Vi ringrazio per l’attenzione. Nella seconda e ultima parte dell’articolo esamineremo l’altra metà della Tavola Periodica.

La frase più emozionante da sentirsi nella scienza, quella che annunzia le nuove scoperte, non è Eureka!, ma Questo è proprio divertente…” (Isaac Asimov)


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Palinsesto – week #138

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SpaceShipTwo

Nell’esplorazione spaziale  niente può essere lasciato al caso. Esattamente come in tutti i campi ad alta tecnologia. Non c’è spazio all’improvvisazione e per quanto si possa essere meticolosi, l’imprevisto è sempre lì – pronto a prendersi le vite e i mezzi di chi tenta l’ennesima impresa. Assistere nel breve arco di tre giorni a due gravissimi incidenti, in un caso anche con una vittima, mette drammaticamente in rilievo questo fattore e pone in discussione, per l’ennesima volta, la gestione di queste missioni.

Non è questa la sede per discettare sulla dicotomia tra progetti pubblici e privati, o per mettere a dibattito come si procede ad organizzare test o missioni. Approfittiamo di questo breve editoriale per stigmatizzare come molta stampa si sia sbizzarrita (non solo in Italia) a gettare la croce addosso all’intero concetto di “missione spaziale”, mettendo sullo stesso piano cose diversissime come un progetto in fase di sviluppo avanzato come la SpaceShipTwo della Virgin Galactic (a cui abbiamo dedicato la copertina) e realtà come i razzi Antares della Orbital Sciences Corporation. Che la competenza scientifica non sia merce diffusa già lo sapevamo, dover assistere all’ennesimo show di ignoranza non ha lasciato una buona impressione del giornalismo contemporaneo.

I nostri pensieri vanno alle famiglie di Michael Alsbury e Peter Siebold, i piloti della sfortunata missione Virgin. Il primo è deceduto, il secondo al momento in cui vengono scritte queste note è dato in gravi condizioni. Speriamo nel secondo caso di ricevere buone nuove al più presto. Il lavoro della nostra blogzine di questa settimana è dedicato a loro.

Nota di servizio.

Da ora fino a fine anno non accetteremo più altro materiale da recensire. Per una serie di ragioni che sarebbe lungo spiegare abbiamo accumulato un backlog tale da dover utilizzare novembre e dicembre per smaltire gli arretrati. Ci scusiamo per il disservizio con gli interessati e procediamo fin da questa settimana a “scodare” il materiale rimasto in sospeso.

Il nostro palinsesto di questa settimana:

Martedì 04 Novembre / Mercoledì 05 Novembre.

The Lab – l’Etimologia degli Elementi (parte II), di Marco Lazzara

Giovedì 06 Novembre / Venerdì 07 Novembre.

Jo Walton – Le mie due vite, di Angelo Benuzzi

Sabato 08 Novembre / Domenica 09 Novembre.

Matteo Marchisio – A.R.C.A. I figli di Tlaloc, di Angelo Benuzzi

Il video di questa settimana è la conferenza stampa della NASA, rilasciata dopo l’esplosione del razzo Antares. Si parla dei fatti e delle prospettive per la ISS.


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The Lab – L’Etimologia degli Elementi (parte II)

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Per la nostra rubrica mensile dedicata ad argomenti scientifici, questa volta Marco Lazzara ci fa completare il viaggio alle base di tutto: gli elementi fondamentali

Vincere la materia è comprenderla, e comprendere la materia è necessario per comprendere l’universo e noi stessi: quindi il Sistema Periodico di Mendeleev, che proprio quelle settimane imparavamo laboriosamente a dipanare, era una poesia, più alta e più solenne di tutte le poesie digerite in liceo.” (Primo Levi)

In questa seconda e ultima parte dell’articolo iniziato la volta precedente (QUI), continuiamo a esaminare l’origine etimologica degli elementi chimici (a sinistra in parentesi è riportato il numero atomico, mentre a destra il simbolo chimico), aggiungendo anche qualche curiosità.

Dal latino. Il nome di molti elementi, quasi tutti già noti nell’antichità, è di derivazione latina:
(6) Carbonio (C), da carbo, “carbone”; il clima di un pianeta è legato a un suo composto, l’anidride carbonica;
(9) Fluoro (F), da fluere, “fondere”; fluoroapatite e idrossiapatite sono i minerali di cui sono fatti i denti;
(11) Sodio (Na), dal minerale sodanum (forse la soda); in latino si diceva natrium, che deriva da natron, un composto usato dagli Egizi nel processo di mummificazione;
(13) Alluminio (Al), da alumen, “sale amaro”; è soggetto alla passivazione (formazione di un ossido protettivo dalla corrosione);
(14) Silicio (Si), da silex, “selce”; è il principale fotosensibilizzatore per le celle fotovoltaiche;
(19) Potassio (K), dal minerale potassa, in latino si diceva kalium; assieme al magnesio è il maggiore costituente dell’ambiente intracellulare;
(20) Calcio (Ca), da calx, “calce”; la sua omeostasi (regolazione) negli organismi è severamente controllata, la quantità di calcio libero deve infatti stare tra i 44 e i 52 mg/l;
(24) Manganese (Mn), da dei minerali chiamati in latino magnes; con molti enzimi agisce da metallo cofattore (partner delle reazioni enzimatiche);
(25) Ferro (Fe), da ferrum, la cui etimologia è incerta; il colore della superficie di Marte è dovuto a ossidi di ferro;
(27) Rame (Cu), da aramen, nome che aveva nel linguaggio parlato, in seguito sostituito da cuprum; è il secondo miglior conduttore metallico dopo l’argento;
(37) Rubidio (Rb), da rubidus, “rosso scuro”, infatti i suoi sali sono usati per colorare di rosso-violetto i fuochi d’artificio;
(50) Stagno (Sn), da stannum, antico nome di questo metallo; i sali di stagno non sono tossici e vengono utilizzati per produrre le scatolette di alluminio stagnato per uso alimentare (latta);
(52) Tellurio (Te), da tellus, “terra”; l’avvelenamento da tellurio è caratterizzato dall’avere un fiato dall’odore agliaceo (fiato al tellurio);
(55) Cesio (Cs), da caesius, “blu cielo”; i suoi isotopi radioattivi sono usati negli orologi atomici;
(77) Iridio (Ir), da iris, “iride, arcobaleno”; negli asteroidi e nei meteoriti è presente in maggior quantità che sulla Terra;
(79) Oro (Au), da aurum, antico nome di questo metallo; dopo l’iridio è l’elemento maggiormente resistente alla corrosione, non si ossida se non in condizioni particolari (vedi sotto l’immagine, proveniente dalla mia tesi di laurea, di una superficie di oro ossidata);

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(82) Piombo (Pb), da plumbum, derivante dal greco pelios, “blu-nerastro”; fino a pochi anni fa il piombo tetraetile veniva addizionato alle benzine come antidetonante;
(86) Radon (Rn) e (88) Radio (Ra), da radius, “raggio”; assieme al polonio sono stati scoperti da Marie Curie, cosa che le è valsa un secondo premio Nobel.

Altre lingue. L’etimologia di alcuni elementi deriva da diverse altre lingue, sia antiche che moderne:
(5) Boro (B), dal persiano burah, il nome del salnitro, che non ha niente a che vedere col boro, ma è di aspetto simile alla borace (un composto del boro), per cui potevano facilmente venire confusi;
(7) Azoto (N), dal francese azotè, “privo di vita”; parallelamente fu adottata anche la denominazione nitrogéne, “colui che produce nitron” (il salnitro);
(16) Zolfo (S), dall’arabo sufra, “giallo”, in quanto lo zolfo è di colore giallo;
(30) Zinco (Zn), dal tedesco zinke, “dente”; la lega rame-zinco si chiama ottone;
(33) Arsenico (As), dal persiano zarnik, “ornamento giallo”; noto veleno, secondo alcuni studi sembra essere invece un elemento essenziale della biochimica;
(40) Zirconio (Zr), dall’arabo zargun, “simile all’oro”; è lui a dare il colore azzurro allo zaffiro;
(49) Indio (In), dal tedesco indigo, “indaco”; l’ossido di stagno e indio è utilizzato come film sottile per display a cristalli liquidi;
51) Antimonio (Sb), l’origine di questo nome è controversa, o dal greco anti+monos, “mai da solo”, oppure dall’arabo antos Ammon, “fiore di Ammon”, o dall’arabo itmid; in latino il suo nome è stibium, “bastoncino”;
(74) Tungsteno o Wolframio (W), elemento che ha due nomi; tungsteno viene dallo svedese tung sten, “pietra pesante”, wolframio dal tedesco wolfram, “sporcizia”;
(78) Platino, dallo spagnolo platina, “lamina d’argento”; il platino ha la particolarità di intercalare la doppia elica del DNA, cosa che può venire sfruttata in farmaci antitumorali;
(83) Bismuto (Bi), l’origine di questo nome è controversa, o dal tedesco weissmuth, “materia bianca”, oppure dal greco psimuthion, “biacca”, o dall’arabo itmid, come per l’antimonio, perché spesso i due elementi venivano confusi; quando viene fatto cristallizzare in presenza del suo ossido genera delle strutture molto particolari (vedi sotto).

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Dalla mitologia. Anche la mitologia è stata fonte di ispirazione per il nome di alcuni elementi:
(22) Titanio (Ti), dai titani, personaggi della mitologia greca; grazie alla sua biocompatibilità viene usato per le protesi ossee;
(23) Vanadio (V), da Vanadis, dea norrena della bellezza; l’amanita muscaria, uno dei funghi più velenosi che si conosca (ma anche uno dei più riconoscibili), ne contiene piccole quantità;
(28) Nichel (Ni), da Kupfernickel, un folletto dispettoso del folklore germanico; è un allergene;
(41) Niobio (Nb) e (73) Tantalio (Ta), da Niobe e suo padre Tantalo, personaggi della mitologia greca;
(61) Promezio (Pm), da Prometeo, uno dei titani; come per il tecnezio, è stato ottenuto artificialmente;
(90) Torio (Th), da Thor, il dio norreno del tuono; il suo decadimento contribuisce in maniera significativa al calore interno della Terra.

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Vi ringrazio per l’attenzione e per aver seguito in questi dodici mesi la rubrica The Lab, da cui mi prenderò una pausa. Statemi bene! E se avete dei dubbi esistenziali, troverete la risposta cercando il molibdeno.

Ma in fondo cosa c’è di più bello di capire come funziona il mondo, l’universo, la vita, noi stessi, e scoprire che tutto questo è un meccanismo straordinario.” (Marco Lazzara)


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Palinsesto – week #99

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Apriamo la settimana parlandovi di un appuntamento importante per il mondo fantascientifico italiano, ovvero la terza edizione del premio intitolato alla memoria di  Ernesto Vegetti. A gestire questo evento c’è la World SF Italia in collaborazione con la famiglia Vegetti, tocca infatti a Matteo Vegetti presiedere le due giurie. Il premio si articola in due categorie, la prima dedicata ai romanzi o alle antologie personali e la seconda ai saggi relativi al nostro genere di riferimento.

In entrambi i casi ci si riferisce ad opere edite nel biennio 2012-2013 e a segnalare le opere sono i soci della World SF Italia. La premiazione si terrà il 24 Maggio 2014 nel corso della Italcon a Bellaria (RN).

Queste le opere finaliste in concorso per la prima categoria:

Ismaele” di Gianni Montanari (Elara 2013)
La pietra dell’alchimista” di Renato Pestriniero  (Solfanelli 2013)
Tutti i colori del fantastico” di Franco Piccinini (Della Vigna 2013)
Livido” di Francesco Verso (Delos Books 2013)

La giuria di questa sezione è composta da: Donato Altomare, Mariangela Cerrino e Luca Ortino.

Per la seconda categoria sono in finale:

Guida alla letteratura di Fantascienza” di Carlo Bordoni (Odoya 2013)
Il cinema di fantascienza e l’atomo infinito” di Luigi Cozzi  (Profondo Rosso 2013)
William Burroughs: manuali di sopravvivenza, tecniche di guerriglia”di Riccardo Gramantieri (Mimesis 2012)
Science Fiction All Movies vol.9” di Giovanni Mongini (Della Vigna 2013)

In questo caso la giuria è composta da: Gianfranco De Turris, Ugo Malaguti e Marco Passarello.

Facciamo i nostri migliori auguri ai finalisti, ripromettendoci di dare l’adeguato rilievo ai vincitori nel prossimo mese di Maggio.

E ora il nostro palinsesto di questa settimana:

Martedì 04 Febbraio / Mercoledì 05 Febbraio.

The Lab – La struttura atomica, di Marco Lazzara

Giovedì 06 Febbraio / Venerdì 07 Febbraio.

AA.VV. – Hydropunk The Drowned Century, di Gianluca Santini

Sabato 08 Febbraio / Domenica 09 Febbraio.

Gdzie jestes, Luizo? di Luigi Castellitto

La scorsa settimana è stato celebrata la giornata dedicata agli astronauti americani deceduti nel corso di misisoni operative, un momento triste che deve però servire a farci ricordare di quanto sia stato difficile raggiungere certi obiettivi e quanto ogni errore possa costare il più alto dei prezzi.

The Lab – Nucleosintesi

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In questa puntata della nostra rubrica di divulgazione scientifica Marco Lazzara prende in esame uno dei meccanismi fondamentali della chimica.

Sollevai con cura il barattolo del catodo, e tenendolo con la bocca in giù accesi un fiammifero e lo avvicinai. Ci fu una esplosione, piccola ma secca e rabbiosa, il barattolo andò in schegge e mi rimase in mano, come un simbolo sarcastico, l’anello di vetro del fondo. Era proprio idrogeno, dunque: lo stesso che brucia nel sole e nelle stelle e dalla cui condensazione si formano in eterno silenzio gli universi.

(Primo Levi, Il Sistema Periodico)

La nucleosintesi è il processo con cui si formano i diversi elementi chimici. I meccanismi con cui ciò avviene, e che ora esamineremo, sono molti e diversi tra loro. Prima di iniziare, però, è necessario tenere a mente alcuni concetti già trattati in precedenza. Per la struttura atomica, gli isotopi e le reazioni nucleari vedere il post The Lab – Paté de Foie Gras, mentre per le nozioni astronomiche il post The Lab – Nascita, Vita e Morte di una Stella.

1: il progenitore
Subito dopo il Big Bang, l’universo era sostanzialmente composto da particelle subatomiche, protoni, neutroni ed elettroni. Un protone è in effetti un nucleo di idrogeno, e alla temperatura degli inizi (10 miliardi di gradi) la materia è sostanzialmente sotto forma di plasma: si tratta di una stato in cui gli elementi sono sotto forma di gas ionizzati, cioè privi degli elettroni. L’idrogeno è il progenitore di tutti gli elementi chimici.

2: la prima fusione
In questa prima fase, l’universo è una sorta di reattore a fusione nucleare. Dall’idrogeno, oltre alla formazione del deuterio (idrogeno-2) per cattura di un neutrone, avviene un processo fondamentale, ovvero la prima fusione nucleare: si tratta di un processo in cui nuclei di idrogeno si uniscono a formare un nucleo di elio.

3-5: gli elementi sfortunati
La formazione di litio, berillio e boro rappresenta un mistero, dato che è al di fuori di tutti i cammini di reazione che vedremo. La loro formazione è infatti solo temporanea perché si convertono velocemente in altri elementi (possiamo considerarli alla stregua di intermedi di reazione). Ci si chiede allora come facciano a esistere. L’ipotesi che viene avanzata è che la loro formazione sia dovuta a spallazione, cioè una frammentazione di nuclei più pesanti dovuta al bombardamento da parte dei raggi cosmici (le radiazioni elettromagnetiche a più alta energia che si conosca).

6-12: “combustione” di elio, carbonio e ossigeno
Questo è un altro passaggio chiave, che avviene in tutte le stelle. Dalla fusione dell’elio viene prodotto il carbonio e da esso l’ossigeno. Reazioni successive di fusione nucleare di questi due elementi portano alla formazione degli elementi fino al magnesio.

13-22: processo a
I processi che seguono ora avvengono solo in stelle a massa più elevata rispetto a quella del sole. Durante l’evoluzione stellare, nel passaggio da gigante rossa a nana bianca, si raggiungono temperature dell’ordine di un miliardo di gradi. I raggi gamma che vengono prodotti fanno decadere per fissione il neon-20, producendo particelle alfa (nuclei di elio), le quali innescano nuove reazioni di fusione nucleare. Con questo processo si arriva fino al titanio.

23-29: processo e
In stelle a massa più elevata avviene un ulteriore processo chiamato e (equilibrio). Durante l’esplosione stellare nota come supernova, viene liberata un’immensa quantità di energia che permette di far avvenire reazioni nucleari di diverso tipo, che sono sostanzialmente delle interconversioni. Con questi processi si arriva fino al rame.

21-80: processo p
Il processo p (cattura di protoni) è un processo collaterale che porta alla formazione di molti isotopi a numero di massa pari, a partire dallo scandio-74 fino al mercurio-196. Anche questo processo avviene nelle supernove.

29-83: processi s ed r
Questo meccanismo avviene durante la fase di gigante rossa della stella. Il processo si basa sulla cattura da parte dei nuclei di neutroni lenti (processo s) e veloci (processo r) a cui seguono decadimenti di tipo beta- (emissione di elettroni). Con questo processo si formano gli isotopi con numero atomico tra 23 e 46 che non si sono formati col processo alfa, e quelli con numero di massa tra 63 e 209, quindi gli elementi fino al bismuto.

43 e 61: gli elementi mancanti
Tecnezio e promezio sono privi di isotopi stabili, infatti sulla Terra non sono presenti. La loro produzione è possibile non solo per via artificiale, ma anche in natura attraverso decadimenti spontanei (ovvero attraverso reazioni di fissione) di elementi più pesanti. Anche altri isotopi possono sfruttare questa ulteriore via.

84-92: gli elementi primordiali
Ci si interroga su come sia possibile la presenza degli elementi più pesanti, data l’instabilità di tutti i loro isotopi. La spiegazione che viene proposta è che la loro formazione avvenga secondo processi s ed r, che hanno comunque tempi minori del loro tempo di decadimento. Questi elementi hanno sostanzialmente l’età dell’universo. Il tempo di dimezzamento dell’uranio fa per esempio ipotizzare che la nostra galassia abbia tra i 12 e i 20 miliardi di anni.

93-…: i transuranici
Gli elementi dopo l’uranio vengono di norma prodotti artificialmente, bombardando elementi pesanti o con neutroni o con raggi alfa, ma alcuni di essi si trovano anche in natura: nettunio e plutonio si formano nei minerali di uranio per decadimento beta- di quest’ultimo, il californio attraverso processi di cattura neutronica. Gli altri sono ottenuti solo artificialmente.

Come sempre, se avete dubbi/domande/curiosità, sono a vostra disposizione.
La nobiltà dell’uomo, acquisita in cento secoli di prove e di errori, era consistita nel farsi signore della materia, e io mi ero iscritto a Chimica perché a questa nobiltà mi volevo mantenere fedele. Vincere la materia è comprenderla, e comprendere la materia è necessario per comprendere l’universo e noi stessi: e quindi il Sistema Periodico di Mendeleev […] era una poesia.

(Primo Levi, Il Sistema Periodico)

 

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